FAENZA E LA SUA ARTE
di Viola Emaldi, curatrice

Collect è una mostra fatta con amore per la mia città e la sua arte: la Ceramica.
Scrivo questo testo con parole spesso non mie, poiché sono le idee condivise che contano, e non importa ripetersi quando persone illuminanti le hanno già esposte a meraviglia.
Come si deduce dal titolo, l’intento curatoriale è quello di creare una collezione di opere contemporanee in ceramica di Faenza, con la peculiarità di comprendere, “a maglia larga”, i risultati di molteplici ricerche artistiche, dalle arti applicate a quelle visive. Sebbene io pensi che i confini tra queste ultime siano fondamentali e imprescindibili, come lo è la difesa della loro esistenza e del loro valore (in tal senso, le arti decorative meriterebbero maggiore attenzione sia nel nostro sia in altri paesi, come il Regno Unito), in questo caso non ritengo siano d’interesse primario. Il motivo è duplice.
In primis, la mostra non vuole indicare alcun tipo di classificazione, col fine d’invitarvi ad un’esperienza culturale emozionante (prima visiva, poi di lettura) e a sviluppare le vostre preferenze. Ovviamente, le opere sono diverse, a volte diametralmente opposte tra loro, per tecnica, poetica e funzione, ma, qui, curiosamente e necessariamente insieme per dare un’idea del fermento che, oggi, anima Faenza.
La seconda ragione risiede nel fatto che la ceramica è una delle basi della “costituzione culturale” di Faenza, fa, cioè, parte di quel “terzo fattore”, come lo chiama Zagrebelsky (1), che fa di noi una civiltà. Da chi la produce a chi la colleziona, da chi la espone a chi la apprezza, da chi la studia a chi la usa, la ceramica dona un comune senso di appartenenza tramite pensieri, parole, opere e azioni.
In una visione di più ampio respiro, mi pare che tutto ciò rimandi al cambiamento che il nostro rapporto col “fare” ha subito nel corso del tempo. La generazione di mia madre, ad esempio, potrebbe riparare qualsiasi cosa, oggigiorno, al contrario, siamo giunti al punto in cui molti non sarebbero in grado di maneggiare un cacciavite. Come conseguenza, il “saper fare” è considerato una specie di abilità molto particolare.

La cultura visiva oggi è fortemente digitale. Ma il limite di questa rivoluzione sta nel suo essere intangibile. Con il computer, il rapporto con il prodotto finito è virtuale, basta premere un pulsante per ottenere ciò che vuoi. Non è un rapporto organico, di impatto reciproco, come quello che si può avere con l’argilla, in cui si desidera fare qualcosa, ma lei dice, no, non voglio farlo. Credo che una delle grandi cose circa l’apprendimento del fare è che è come una manifestazione fisica, che può cambiare il mondo. Per questo credo che oggi l’artigianalità sia la vera avanguardia, come mestiere del tangibile rappresenti un risveglio di bilanciamento con il virtuale.(2)

Di quali mezzi si avvale oggi la cultura? Semplificando: chat o book? Dov’è la radice della differenza? È nel fattore tempo, un fattore determinante nella qualità di tutte le relazioni sociali.[…] La comunicazione vive dell’istante, la formazione si alimenta nel tempo.(3)

Chi sa dire quanto sia tormentosa la ricerca quotidiana dell’artefice che con la creta, con le terre, con gli smalti, combatte le forze terribili del fuoco, che egli deve asservire ai suoi intenti d’arte, e con una vampata sola, per una impercettibile negligenza, per un caso fortuito qualsiasi, può rovinare l’opera paziente e ansiosa?
Qui sta il segreto del fascino della ceramica: l’uomo vi pone la sua esperienza, la sua arte, la sua conoscenza; […]e quest’alea appassiona l’uomo e lo fa vibrante prima, gioioso o sconfortato poi, quando il fuoco ne ha reso perfetto o ne ha distrutto il lavoro.
Accogliamo dunque, amici miei, con simpatia, vorrei dire con rispetto, le manifestazioni di quest’arte fragile ed eterna, delicata e bizzarra, di quest’arte incostante come gli amori, e pur così cara al nostro occhio e così necessaria alla vita nostra.(4)
Come una collezione si forma in sintonia con le più personali affinità, così ognuno dei partecipanti ha selezionato il proprio pezzo da esibire, quale simbolico testimone del proprio percorso artistico con la ceramica, e fornito un breve testo che lo descrivesse.
Nelle didascalie delle opere noterete che la citazione della temperatura di cottura o le specifiche tecniche appaiono spesso, non a caso, sia da parte di chi lavora unicamente con la ceramica, ma anche da chi (artisti) la impiega saltuariamente, cimentandosi con lei sul filo di un’idea. Questo perché anch’essi riconoscono il valore dell’attimo in cui l’opera prende forma finita uscendo dal fuoco.
L’umile ceramica, per le infinite possibilità che offre, i limiti che impone, e la dose di rischio che contiene, continua ad alimentare la sacra fiamma dell’arte.

Viola Emaldi

Note:
1) e 3) Gustavo Zagrebelsky, “La nostra Repubblica fondata sulla cultura” da La Repubblica del 5 aprile 2013
2) Grayson Perry, “TATE Shots: Grayson Perry Studio visit”, TATE Gallery, Londra (youtube.com/user/tate)
4) Gaetano Ballardini, “Faenza e la sua arte”, Faenza, 1921, Tipografia Fratelli Lega